
Benedict Cumberbatch si racconta a Vanity Fair
Uno dei sex symbol più curiosi del mondo: questo è lo strano caso di Benedict Cumberbatch. Quando c’è il ruolo di un genio dissociato, socialmente inadeguato, vagamente autistico, da interpretare lui è sempre l’attore perfetto: da Sherlock a Turing. A Vanity Fair l’attore ha raccontato la sua strana parabola di successo.
A 19 anni si è perso sull’Himalaya dove era andato ad insegnare inglese ai monaci tibetani, vicino a Darjeeling, facendo anche un corso intensivo d’improvvisazione per inventare giochi didattici. Poi la folle idea di scalare la montagna, senza sherpa, con altri amici squattrinati. Si persero, senza cibo né acqua, bevvero acqua piovana strizzata dal muschio e riuscirono, dopo 3 giorni, a trascinarsi verso un villaggio. Drogato di adrenalina: moto, paracadutismo, sport estremi, nella realtà non si tratta del posato genio che vi aspettate.
In Sudafrica, l’anno scorso, una terribile avventura quando un gruppo di uomini armati ha derubato e sequestrato lui e un collega presso una radura. L’attore è stato chiuso nel bagagliaio, i rapinatori fecero scendere gli attori e li fecero inginocchiare come per un’esecuzione, sotto un ponte. Cumberbatch li implorò di ragionare per poi rendersi conto che gli uomini li avevano semplicemente abbandonati lì. “Mi è venuta molta più voglia di fare una vita meno normale. Il giorno dopo, appena ho visto il mare, ho avuto il bisogno di tuffarmi. Quando senti che stai per morire capisci che quelle sensazioni non le proverai mai più: la birra fredda, una sigaretta, il sole sulla pelle.” Ciò che l’ha calmato è stato il matrimonio, con una donna che conosce da vent’anni: Sophie Irene Hunter, una regista inglese di teatro d’ Avanguardia e la nascita del loro piccolo Kit.